Opere XIV: Ultimo viene il corvo by Italo Calvino

Opere XIV: Ultimo viene il corvo by Italo Calvino

autore:Italo Calvino [Calvino, Italo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Letteratura Italiana
pubblicato: 2011-06-17T17:06:52+00:00


Ultimo viene il corvo

La corrente era una rete di increspature leggere e trasparenti, con in mezzo l’acqua che andava. Ogni tanto c’era come un battere d’ali d’argento a fior d’acqua: il lampeggiare del dorso di una trota che riaffondava subito a zig-zag.

- C’è pieno di trote, - disse uno degli uomini.

- Se buttiamo dentro una bomba vengono tutte a galla a pancia all’aria, - disse l’altro; si levò una bomba dalla cintura e cominciò a svitare il fondello.

Allora s’avanzò il ragazzo che li stava a guardare, un ragazzotto montanaro, con la faccia a mela. - Mi dài, - disse e prese il fucile a uno di quegli uomini. - Cosa vuole questo? - disse l’uomo e voleva togliergli il fucile. Ma il ragazzo puntava l’arma sull’acqua come cercando un bersaglio. “Se spari in acqua spaventi i pesci e nient’altro”, voleva dire l’uomo ma non finì neanche. Era affiorata una trota, con un guizzo, e il ragazzo le aveva sparato una botta addosso, come l’aspettasse proprio lì. Ora la trota galleggiava con la pancia bianca. - Cribbio, - dissero gli uomini.

Il ragazzo ricaricò l’arma e la girò intorno. L’aria era tersa e tesa: si distinguevano gli aghi sui pini dell’altra riva e la rete d’acqua della corrente. Una increspatura saettò alla superficie: un’altra trota. Sparò: ora galleggiava morta. Gli uomini guardavano un po’ la trota un po’ lui. - Questo spara bene, - dissero.

Il ragazzo muoveva ancora la bocca del fucile in aria. Era strano, a pensarci, essere circondati così d’aria, separati da metri d’aria dalle altre cose. Se puntava il fucile invece, l’aria era una linea diritta ed invisibile, tesa dalla bocca del fucile alla cosa, al falchetto che si muoveva nel cielo con le ali che sembravano ferme. A schiacciare il grilletto l’aria restava come prima trasparente e vuota, ma lassù all’altro capo della linea il falchetto chiudeva le ali e cadeva come una pietra. Dall’otturatore aperto usciva un buon odore di polvere.

Si fece dare altre cartucce. Erano in tanti ormai a guardarlo, dietro di lui in riva al fiumicello. Le pigne in cima agli alberi dell’altra riva perché si vedevano e non si potevano toccare? Perché quella distanza vuota tra lui e le cose? Perché le pigne che erano una cosa con lui, nei suoi occhi, erano invece là, distanti? Però se puntava il fucile la distanza vuota si capiva che era un trucco; lui toccava il grilletto e nello stesso momento la pigna cascava, troncata al picciolo. Era un senso di vuoto come una carezza: quel vuoto della canna del fucile che continuava attraverso l’aria e si riempiva con lo sparo, fin laggiù alla pigna, allo scoiattolo, alla pietra bianca al fiore di papavero. - Questo non ne sbaglia una, - dicevano gli uomini e nessuno aveva il coraggio di ridere.

- Tu vieni con noi, - disse il capo.

- E voi mi date il fucile, - rispose il ragazzo.

- Ben. Si sa.

Andò con loro.

Partì con un tascapane pieno di mele e due forme di cacio. Il paese era una macchia d’ardesia, paglia e sterco vaccino in fondo alla valle.



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